Esistono donazioni e donazioni, ma c’è un donare che è un po’ più lontano dai secondi fini, diverso da quello concepito dal pensiero strumentale e più vicino a un’opportunità, quella di contribuire alla realizzazione del bene comune. Ce ne parla in questo articolo, Bernardino Casadei, coordinatore del Master Promotori del Dono dell’Università dell’Insubria.
Le motivazioni che spingono le persone a donare possono essere le più diverse. Vi è chi utilizza il dono per affermare la propria superiorità, per creare forme di dipendenza o addirittura per umiliare il donatario. Benché il dono sia incompatibile con il pensiero strumentale, la donazione può essere utilizzata per il perseguimento di secondi fini, cosa che normalmente accade per le donazioni che riceviamo da società commerciali.
Non è però raro che motivi utilitaristici si accompagnino con esigenze ideali. Si pensi alle donazioni fatte a favore della ricerca scientifica in campo medico dove, accanto al sentimento di fare una cosa giusta, vi è anche la speranza che, un giorno, potremmo essere noi o i nostri cari i beneficiari dei progressi che verranno fatti grazie a queste donazioni.
Vi è poi chi vive il dono come un’occasione per testimoniare i propri valori, come una modalità per esprimere la gratitudine per ciò che ha ricevuto o comunque adempiere un dovere morale che proviene dalle proprie credenze religiose o dal senso civico, se non addirittura dal senso di colpa che nasce spontaneamente nel vedere la sofferenza quando invece si vive nell’abbondanza. Non è un caso che siano numerose le organizzazioni che fanno proprio leva su tale senso di colpa per sollecitare le donazioni.
Il dono, soprattutto in una società in cui la democrazia rappresentativa è in evidente crisi, può diventare un’efficace modalità per affermare il proprio essere cittadino. Attraverso il dono è possibile contribuire concretamente alla definizione e realizzazione del bene comune. Inoltre, grazie ai benefici fiscali esistenti, è possibile indirizzare, seppure in modo marginale, la spese pubblica.
Ciò di cui dobbiamo essere consapevoli è che il dono può soddisfare alcuni dei bisogni oggi più diffusi e a cui la nostra società non sembra essere in grado di dare risposte adeguate: il bisogno di senso, di appartenenza, di relazioni vere perché non strumentali, di essere riconosciuti nella propria dignità, di vivere emozioni autentiche. Si tratta di esigenze che difficilmente possono essere soddisfatte con l’acquisto di beni e servizi, ma che, grazie al dono, possono essere appagate generando quel benessere che la società del benessere non sembra in grado di conseguire.
Infine il dono ci consente di testimoniare concretamente la nostra umanità in quanto è un atto libero, forse l’unico atto veramente libero che possiamo sperimentare. Non solo perché non ci può essere imposto, ma perché racchiude in sé quella dimensione etica, quella capacità di fare ciò che abbiamo riconosciuto come buono, bello e giusto, che è la sola che realmente ci caratterizza come esseri umani. Attraverso il dono noi scommettiamo sulla dignità dell’altro, riconoscendolo come fine del nostro agire e non mezzo, come invece avviene negli scambi commerciali, dato che il fine del dono è la relazione che si crea e non la cosa scambiata.
Promuovere il dono significa creare una società migliore, perché veramente umana.